Concilio di Trento
Il Concilio di Trento o Tridentino (1545-1563, con interruzioni) è considerato dalla Chiesa Cattolica il XIX concilio ecumenico, benché il suo ecumenismo sia stato contestato, in quanto si tenne a lungo senza i Vescovi tedeschi. con questo concilio si volle definire la reazione della Chiesa alle dottrine calviniste e luterane e la sua riforma.
Il primo ad appellarsi ad un concilio che dirimesse il suo contrasto col papa fu Martin Lutero già nel 1518, ma la sua richiesta, benché avesse subito incontrato il sostegno di numerosi tedeschi, e soprattutto dell'Imperatore Carlo V, che in esso vedeva un formidabile strumento non solo per la riforma della Chiesa, ma anche per accrescere il potere imperiale, si scontrò con la ferma opposizione di papa Clemente VII che, oltre a perseguire una politica filo-francese e ostile a Carlo V, da un lato vi vedeva i rischi di una ripresa delle dottrine conciliariste (secondo le quali il concilio ha autorità superiore a quella papale), dall'altro temeva di poter essere deposto (in quanto figlio illegittimo).
Dopo il fallimento dei colloqui di Ratisbona (1541) la sua convocazione fu giudicata improrogabile: per quanto riguarda la sede, nel 1542 si stabilì che venisse celebrato a Trento poiché, pur essendo una città italiana, era entro i confini dell'Impero ed era retta da un principe-vescovo; dopo la pace di Crepy, Paolo III potè finalmente emanare la bolla di convocazione, la Laetare Jerusalem (novembre 1544) e il Concilio si aprì solennemente a Trento il 13 dicembre 1545, III domenica di Avvento, nella cattedrale di San Vigilio.
Il concilio contò inizialmente pochissimi prelati, quasi tutti italiani, e fu quasi sempre controllato dai delegati pontifici. Furono presenti anche alcuni prelati legati al cosiddetto evangelismo, come il Cardinale Reginald Pole. Venne trattata una parte dogmatica, sugli argomenti controversi del tempo, che portò a delle definizioni contrapposte a quelle luterane, come nel decreto sulla giustificazione. Non fu pertanto possibile risolvere il problema dell'accordo con la religione riformata che nel frattempo era stata tollerata nell'impero con l'Interim di Augusta. Venne riconosciuta come ufficiale la versione della Bibbia detta Vulgata, evitando l'uso del volgare per le Sacre Scritture nel culto. Tra le deliberazioni più importanti dal punto di vista disciplinare ci fu l'obbligo di residenza dei vescovi nelle loro diocesi. Avveniva infatti che i benefici ecclesiastici e i vescovati venissero assegnati generalmente ai nobili, senza che corrispondesse effettivamente l'obbligo di residenza e lo svolgimento dell'incarico.
Al termine del concilio diverse questioni che non erano state trattate vennero demandate al papa e alla curia romana, che negli anni successivi emise altri importanti documenti sulla riforma della chiesa. Fra questi le revisioni del Breviario e del messale, con la conseguente uniformità liturgica della chiesa occidentale con l'adozione universale del rito romano, con l'unica eccezione del rito ambrosiano per la diocesi di Milano, e la scomparsa di tutti gli altri riti occidentali. Furono inoltre pubblicati in seguito il Catechismo Tridentino e l'Indice dei libri proibiti Index librorum prohibitorum.
Nel 1563 il concilio di Trento istituì anche l'obbligo, da parte delle Parrocchie, di curare la registrazione, in appositi registri, dei Battesimi, Matrimoni, Morti, Cresime,nonché la redazione degli Stati delle Anime, veri e propri censimenti della popolazione parrocchiale, compilati dal Parroco in occasione della visita per la benedizione pasquale.